ROMA - La crisi finanziaria si è trasformata in una crisi per l’infanzia. Secondo i dati diffusi dall’Unicef, in Paesi come l’Italia, la Spagna, la Grecia e il Portogallo, insieme anche alla Croazia e all’Irlanda esiste una forte correlazione tra i danni causati dalla recessione e il declino del benessere dei bambini dopo il 2008.
Nei Paesi sud-europei il fenomeno inizia ad assumere una connotazione drammatica: in Spagna e in Grecia il tasso di povertà dell’infanzia è superiore al 36%, mentre in Italia è al 30%.
Nel corso degli ultimi anni i bambini e i giovani che sono sotto la soglia della povertà sono aumentati notevolmente: 76 milioni nei paesi ad alto reddito dell’Unione Europea e dell’Ocse, (in tutto 41) vivono in povertà e dal 2008 al 2014 son aumentati di ben 2,6 milioni.
Guardando poi alla riduzione del reddito dei nuclei familiari dal 2008 al 2012, la recessione ha fatto compiere un passo indietro di 14 anni alla Grecia, di 10 anni alla Spagna e di 8 anni all’Italia e al Portogallo.
Buttati via anni di progresso e di conquiste.
Grecia: povertà tra i bambini oltre il 60%
In Grecia in soli 6 anni la povertà tra i bambini è aumentata di oltre il 50%, prova evidente che la cura della Troika è stata a dir poco fallimentare. E sono ottocentomila i bambini greci che vivono al di sotto della soglia della povertà – malnutriti e in condizioni malsane – in famiglie che rappresentano il 20,1% del totale.
Dunque, in Grecia, il 40,5% della popolazione minorile soffre la fame (nel 2011 la percentuale era del 23,7%) mentre quasi la metà delle famiglie (45,9%) non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione e oltre la metà (52,6%) non arriva a garantire neppure a giorni alterni una dieta comprendente carne o pesce.
“Sempre più genitori – racconta il presidente della Caritas greca padre Antonio Voutsinos – sono obbligati a cucinare solo pasta o riso tutti i giorni perché sono gli unici alimenti che possono permettersi e devono tagliare sul riscaldamento domestico mettendo così a rischio la salute dei bambini durante l’inverno."
Con l’inizio della cura imposta dalla Troika e le prime misure di austerità partite nel 2010, in soli cinque anni, un Paese Europeo come la Grecia deve oggi affrontare problemi di malnutrizione per oltre un terzo dei suoi bambini. È impensabile, assurdo e vergognoso ma la
Grecia è al livello di alcuni paesi africani. In molte scuole del Paese i casi di bambini che arrivano affamati e denutriti sono in forte aumento.
Scene che riportano alla memoria la Seconda Guerra mondiale e il periodo dell’occupazione tedesca del Paese.
E ciò che è davvero sconcertante è la velocità con cui questa realtà stia peggiorando: il tasso di deprivazione materiale dei minori in Grecia è passato dal 18,7% nel 2008 al 39,9% nel 2013 e la mortalità infantile è in aumento del 43%. La crisi incide, infatti, anche sulle cure e sull’uso di medicinali per i bambini che, spesso, pur non avendo grandi patologie sviluppano tuttavia malattie croniche dovute alle cattive condizioni igienico sanitarie in cui vivono.
Italia: 1 bambino su 3 vive in povertà
In Italia non va meglio poiché, secondo l’ultimo rapporto dell’Unicef sui “Figli della recessione” 1 bambino su 3 vive in povertà e proprio come è avvenuto in Grecia anche nel bel Paese la situazione è peggiorata proprio dal 2008, anno di inizio della crisi economica, con oltre seicentomila bambini poveri in più che, tradotto in termini percentuali, vuol dire che il tasso di povertà infantile è al 26,6%, uno dei tassi di crescita più alti insieme alla Grecia e alla Spagna. In tutto sono più di 1 milione e 400 mila i bambini e gli adolescenti in Italia che vivono in povertà assoluta e che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale, cioè in famiglie che non sono in grado di permettersi di pagare l’affitto, il mutuo o le utenze, tenere l’abitazione riscaldata, affrontare spese impreviste, consumare regolarmente carne o proteine, andare in vacanza, o anche possedere un televisore, una lavatrice, un’auto o un telefono.
Il problema di una corretta alimentazione è vissuto anche da noi, poiché dal 2008 ad oggi la percentuale delle famiglie con bambini non in grado di permettersi un pasto con carne, pollo o pesce ogni due giorni è più che raddoppiata. Più di quattrocentomila bambini con meno di cinque anni, secondo il rapporto dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, hanno fatto ricorso agli aiuti alimentari per poter semplicemente bere il latte o mangiare.
In aumento stress e senso di insicurezza tra i bambini
Ma al di là dei numeri la crisi ha portato anche dei cambiamenti nella percezione delle proprie condizioni di vita con un aumento dello stress e del senso di insicurezza: intrappolati nel ciclo della povertà – si legge nel Rapporto Unicef – i bambini raramente riescono a sottrarsi allo stress e alla sofferenza dei genitori afflitti da disoccupazione o da una sensibile riduzione del reddito. Essi vivono gli sconvolgimenti delle sorti familiari in modi sia sottili sia dolorosamente evidenti, subiscono piccoli affronti e gravi umiliazioni davanti ad amici e compagni di scuola, e sono influenzati, a livello conscio o inconscio, dai cambiamenti di alimentazione, dall’eliminazione di attività sportive, musicali o di altro tipo e dalla potenziale mancanza di fondi per l’acquisto di materiale scolastico. La povertà è un circolo vizioso.
Un bambino che ha i genitori disoccupati può avere problemi di rendimento scolastico, che a loro volta possono provocare un aumento dello stress a casa.
Più a lungo un bambino resta bloccato in questo circolo vizioso, meno possibilità avrà di sfuggirgli con conseguenze per tutta la sua vita.
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